ABUSO DEL DIRITTO
L’abuso del diritto è una figura che va individuata per “esclusione” . Inizia dove finisce il legittimo risparmio d’imposta e si realizza in presenza di fattispecie non riconducibili all’ evasione . Due i “limiti”: il legittimo risparmio d’imposta e l’evasione. Ciò che è lecito e anche legittimo - il risparmio d’imposta - e come tale consentito, da un lato, e ciò che è invece illecito - l’evasione - quindi espressamente vietato, dall’altro. L’abuso si realizza quindi quando il contribuente consegue un vantaggio fiscale illegittimo , che si contrappone al lecito risparmio d’imposta, e quando tale vantaggio si consegue attraverso operazioni che non agiscono contra legem .
È in ambito civilistico , non tributario, che nasce il concetto di abuso del diritto. L’ abuso del diritto non si traduce in sé in un comportamento illecito, contrario alla norma che definisce il diritto, ma in una condotta sostanzialmente impropria . Si è in presenza di abuso del diritto, o meglio di violazione del divieto di abuso del diritto, quando un soggetto non persegue un fine meritevole di tutela da parte dell’ordinamento, realizzando un obiettivo a esso contrario , pur nell’esercizio di un diritto espressamente riconosciutogli dalla legge. A fronte dell’attribuzione di un diritto, effettuata dall’ordinamento, l’abuso del diritto identifica l’ipotesi in cui il suo esercizio finisce per disattendere le finalità che la giustificano o determinare una situazione che l’ordinamento non può tollerare.
L’ art. 37-bis del Dpr 600/1973 si pone nel solco della norma dell’ art. 10 della Legge 408/1990, con una portata fortemente innovativa che fa della norma una clausola antielusiva “semi-generale ” . Rispetto alla disposizione previgente, non è previsto, tra l’altro, che la condotta sia fraudolenta, risultando sufficiente un “aggiramento di obblighi e divieti” . Scompare poi il riferimento allo “scopo esclusivo” dell’ottenimento del vantaggio fiscale, essendo stabilito che la condotta sia diretta ad aggirare gli obblighi e i divieti previsti dall’ordinamento tributario. Con la locuzione “anche collegati tra loro” , la norma si riferisce poi ad atti, fatti e negozi con cui si concretizza la condotta elusiva. Con l’inserimento dell’aggettivo indebito riferito al risparmio d’imposta, si delinea infine lo spartiacque tra elusione e legittimo risparmio d’imposta .
Quale figura individuabile per esclusione , l’abuso del diritto si colloca tra i due limiti del legittimo risparmio d’imposta e dell’evasione. L’ art. 10-bis dello Statuto dei lavoratori li accorpa in unico contenitore, definito “ dell’abuso del diritto o elusione fiscale ”. È stabilito quindi che configurano abuso del diritto le operazioni prive di sostanza economica che realizzano vantaggi fiscali indebiti , pur nel rispetto formale delle norme fiscali.
La procedura ha inizio con un’ istanza di interpello preventiva, con cui il contribuente “interpella” l’Amministrazione finanziaria per avere una risposta su una fattispecie concreta e personale relativamente all’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto. Le garanzie procedurali fissate dalla legge appaiono molto accattivanti per i contribuenti, al punto che questi potrebbero avere convenienza ad argomentare circa la riconducibilità della propria condotta all’abuso del diritto, piuttosto che all’evasione fiscale. L’ atto accertativo dell’Amministrazione è preceduto dalla notifica e dalla richiesta preventiva di chiarimenti. Quanto all’ obbligo di contraddittorio preventivo e all’ onere della prova , la disciplina normativa non presenta significativi profili di novità rispetto al disposto dell’art. 10- bis dello Statuto del contribuente.
Oltre alla clausola generale antiabusiva di cui all’art. 10- bis della legge 212/2000, nell’ordinamento tributario vi sono diverse disposizioni antielusive specifiche , la cui violazione da parte del contribuente non configura ipotesi abusiva, bensì elusiva . Mentre l’abuso del diritto riguarda infatti una molteplicità “astratta” di possibili fattispecie meritevoli di censura a livello fiscale, l’esistenza di discipline che si pongono in conflitto con casistiche precisamente individuate rimanda ad un ambito differente, estraneo rispetto all’elusione . Pertanto, quando la condotta del contribuente viola una particolare norma, anche se di carattere antielusivo, si ricade nell’ ambito dell’evasione e non, invece dell’elusione, con tutte le conseguenze che ne derivano.
È particolarmente ondivago l’ andamento del pensiero ministeriale in materia di abuso del diritto che emerge dall’analisi della prassi. Questa situazione non aiuta l’instaurarsi di un corretto rapporto tra Fisco e contribuente , nella misura in cui quest’ultimo non viene messo in condizione di rifarsi ad una solida e corretta interpretazione della normativa interessata. Con ciò alimentandosi un ricorso alle Commissioni tributarie molto frequente e intenso.
Quanto visto a livello di prassi, circa il revirement di carattere interpretativo relativo alla disciplina dell’abuso del diritto, può riscontrarsi altresì dalle pronunce della giurisprudenza sul tema. Rendendosi pertanto ancor più attuale il rischio, per i contribuenti, di vedersi qualificati i propri comportamenti sulla base delle vecchie linee interpretative che lo stesso legislatore aveva in animo di eliminare dall’apparato fiscale, specificamente a seguito della modifica normativa con cui è stato introdotto l’art. 10- bis .